due parole per domenica 31 gennaio 2021 – IV domenica del tempo ordinario B – san Giovanni Bosco

don Marco Zaina:
Ascoltare…….
Proviamo a stare in mezzo ad un gruppetto di persone che parlano e tappiamoci bene le orecchie. Non sentiamo nulla dei suoni che ci circondano, non riusciamo ad ascoltare niente.
Dio ha sempre parlato al suo popolo: attraverso i profeti, attraverso il Figlio Gesù, attraverso la Bibbia, sua parola scritta, giunta fino a noi.
E quando Dio ci parla non possiamo rimanere indifferenti, perché quella Parola arriva dritta al cuore. Ma bisogna ascoltare. Non dobbiamo tapparci le orecchie.
Talvolta però succede che ci sembra di non sentire nulla, abbiamo l’impressione che Dio non parli più.
“Eppure –diciamo- non ho tappato le orecchie”.
In realtà Dio parla sempre, ma al cuore. E sono proprio le “orecchie del cuore” che non dobbiamo tappare.
Altrimenti non sentiremo nulla. Forse potremo sentire una voce, ma non sarà quella di Dio.
Proviamo e vediamo cosa succede con le orecchie che abbiamo (per intenderci, quelle che tutti possono vedere). Mettiamoci tra persone che parlano e tappiamo bene le orecchie. Non sentiamo nulla. Ora, sempre con le orecchie tappate, parliamo, diciamo qualcosa. Adesso sentiamo una voce. Ma è la nostra.
Così è con le “orecchie del cuore”: se le tappo sentirò solo la mia voce, non quella degli altri. E tanto meno quella di Dio.

fra Roberto Benvenuto:
Gesù, l’unico maestro di sapienza che Dio ci ha dato, manifesta la sua autorità di Figlio di Dio legando strettamente le sue parole alle sue azioni. Ciò che dice si compie, si realizza. Oggi ci troviamo davanti ad un uomo malato. Le sfumature vaghe della sua malattia, della mente, del cuore, del corpo, dello spirito sembrano racchiudere l’interezza del nostro malessere fisico, morale e spirituale. Gesù lo guarisce facendo ricorso ad una autorità che non è di potere o di sopraffazione, ma è di servizio alla felicità e al benessere dell’altro. Ma la guarigione dell’uomo non è esente dal dolore. Gesù scava fino in fondo il nostro cuore, scava la piaga del male, lo fa emergere e fuoriuscire da noi, cosicché in noi prevalga il bene e si manifesti. Dio si impegna davvero fino in fondo per la nostra felicità. Per questo Gesù è morto in croce.  Per condividere fino in fondo ogni nostra umana sofferenza, liberarci dal male e donarci il suo amore infinito, fonte e causa della nostra gioia piena.
È la storia dell’amore di Dio per noi. Dio lotta al nostro fianco per liberarci da ogni sorta di umiliazione, di sopruso, di sofferenza. Un amore che non si manifesta attraverso proclami, ma con gesti precisi e concreti. Storia di un amore che ci riguarda e che possiamo a nostra volta annunciare solo se siamo disposti a compiere le stesse scelte e gli stessi gesti del Signore Gesù.

don Giovanni De Rosa:
In questa domenica siamo messi di fronte al primo miracolo di Gesù nel Vangelo di Marco. Tutti gli evangelisti hanno un modo diverso di rappresentare il primo miracolo di Gesù. Giovanni avviene in una festa di nozze a Cana. Per Luca è la tranquillità con cui Gesù si libera dalla minaccia di morte da parte del popolo. Per Matteo è la guarigione di un gran numero di malati. Questo perché tutti i quattro gli evangelisti cercano di trasmettere ai loro lettori e alle comunità una loro preoccupazione. Ecco siamo arrivati al centro fondante del testo e cioè: Qual è per me, nella mia vita, la maggiore preoccupazione? L’Evangelista ci offre una “giornata tipo” di Gesù. Ma sullo sfondo emerge, da subito, la netta opposizione tra Gesù e il male. E in chi lo ascolta vi sono due sensazioni che emergono: stupore e terrore. La sua parola trasforma il cuore di chi l’accoglie con fede. Così da avere occhi nuovi per vedere le cose come le vede il Signore; avere un nuovo cuore per amare come Egli ci ama; essere liberi, puri, da tutto il male che soffoca la nostra crescita nella fede. Quindi con sincerità di fede chiediamoci: Qual è per me la maggiore preoccupazione?

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