due parole per domenica 1 agosto 2021 – XVIII domenica del tempo ordinario B

don Marco Zaina:
Già le letture di domenica scorsa ci hanno fatto capire che il “cibo” di cui abbiamo bisogno è Dio, la Sua Parola, Gesù. È quel nutrimento che ci aiuta e ci sostiene nel nostro cammino di donne e di uomini, di giovani e di anziani, di lavoratori e di pensionati, di disoccupati, di studenti, di ricchi e di poveri,….
C’è anche chi non si è mai nutrito di quel pane, non ne conosce l’esistenza per chissà quale ragione e forse sente il bisogno di qualcosa, ha fame. 
Cosa fare? Cosa ci chiede Dio? Non possiamo girare la testa dall’altra parte fingendo di non vedere, per paura, per vergogna. 
Un suggerimento ci viene dal salmo di questa domenica. Ecco i primi versetti:
“Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato
non lo terremo nascosto ai nostri figli,
raccontando alla generazione futura
le azioni gloriose e potenti del Signore
e le meraviglie che egli ha compiuto”.

Fermiamoci qualche volta a pensare, a ricordare le cose che Dio ha fatto per noi, nella nostra vita. E poi raccontiamole a chi non ha ancora incontrato Dio. Sarà un pezzo di quel Pane prezioso che abbiamo ricevuto da Gesù e che condividiamo con l’altro, con chi ha fame di Dio. 

don Giovanni De Rosa:
Molte domande, oggi, vengono rivolte a Gesù: è una folla in ricerca. Una ricerca fisica: uomini e donne disposti a camminare pur di incontrare colui che li ha sfamati; “circa cinquemila uomini” desiderosi di continuare a fare esperienza del “profeta” che sa sfamare, che sa essere generoso, tanto da far avanzare dodici canestri di pane. Però questo non basta! Sì perché anche quel pane avanzato può terminare. Gesù, quindi, si presenta come “sigillo” del Padre. Sigillo che non teme gli eventi e che è destinato all’eternità. La ricerca, poi, diventa razionale: “Quale segno, quale opera fai?”. Attenzione la folla è alla ricerca di dimostrazioni con l’inconsapevolezza e il rischio di non saper riconoscere, in quel segno, la misericordia di Dio. Sì perché quel segno ha bisogno di essere riconosciuto come pane disceso dal cielo, come pane per il mondo, come pane che si spezza. Dietro a quel segno si nasconde tutta la vita di Gesù: la sua tenerezza, il suo condividere, il sapersi donare, nonostante l’incomprensione. A questa folla (e diciamocelo che “la folla” siamo noi) che pretende di piegare il divino ai propri progetti, Gesù continua a proporsi come pane di vita, capace di colmare la fame e la sete di eternità dell’uomo. L’invito è quello di saper accogliere con fede il nuovo pane. Ma vi è anche l’invito di saper ricercare, nei segni, la presenza e la benevolenza di Dio, ricerca che non si esaurirà mai nella vita.

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