due parole per domenica 14 novembre 2021 – XXXIII domenica del tempo ordinario B

don Giovanni De Rosa:
Un brano complesso, quello odierno, in cui ci viene annunciata la realtà nuova inaugurata dal Figlio dell’uomo con la sua seconda e definitiva venuta. Ma stiamo attenti il fulcro dell’annuncio non è la paura, legata alle indicazioni catastrofiche, ma la gloria di Dio, nel Cristo, sulle potenze del mondo. Noi confidiamo in ciò su cui si fissano gli occhi, ovvero, i pensieri. Per esempio, se uno fissa i suoi pensieri sulle ricchezze, allora costui confida nelle ricchezze. Se fissa gli occhi su quello che gli altri pensano, allora confida nell’approvazione degli altri. Se fissa gli occhi sul divertimento, allora confida nel divertimento. Se fissa gli occhi su quanto riesce a compiere e a costruire con il proprio impegno, confida nella propria forza. In contrasto a tutto questo, un vero credente confida in Dio perché sa che solo Dio può dare la vita eterna e che solo Dio è la fonte di ogni benedizione. Confida in Dio perché più di ogni altra cosa, desidera Dio. Gesù si serve del riferimento all’oracolo di Isaia su Babilonia e, come per quel contesto, evidenzia la centralità della speranza: ciò che accade non crea sconforto ma gioia. Il definitivo venire di Dio deve essere invocato nella fede e nella speranza. Perché confidare in Dio vuol dire guardare a Dio per ogni benedizione. Vuol dire credere che Dio sia l’unica fonte da cui attingere ogni benedizione. Vuol dire desiderare Dio più di qualsiasi altra cosa. Vuol dire accettare le difficoltà, perché il nostro tesoro è Dio.

don Marco Zaina:
Le letture di questa domenica, in particolare la prima e il vangelo, sono un po’ inquietanti. Non ci lasciano nel cuore serenità, tranquillità, ma ci mettono un po’ di ansia. Si parla di tempi di angoscia, di giudizio finale senza possibilità di tornare indietro, di sole che si oscura, di stelle che cadono,…..
A portare un po’ di calma nel nostro animo durante la lettura, c’è il salmo, con il suo versetto: “Proteggimi, o Dio in te mi rifugio”. E nel salmo si parla di gioia, di dolcezza, di cuore che esulta.
Nella difficoltà, nelle disgrazie, nelle tribolazioni, quando tutto sembra drammaticamente finire, quando l’unica via d’uscita sembra essere quella della disperazione, rivolgiamoci a Dio, guardiamo a Lui con fiducia, a Lui chiediamo aiuto e protezione.
Seguiamo i suoi insegnamenti, ascoltiamo la sua Parola.
Durante la giornata fermiamoci un momento, quando possibile. Entriamo in una chiesa e lasciamoci avvolgere dal silenzio della preghiera. Guardiamo, senza timore quel Cristo crocifisso, come un fermo immagine sul dolore, la sofferenza, la fatica, la disperazione del nostro mondo e pensiamo che Lui ha vinto tutto questo per noi, mostrandoci una strada che è quella dell’Amore.
Se facciamo fatica ad entrare in una chiesa, allora “entriamo nella chiesa del creato” (mi si permetta questa immagine).
Fisicamente potremmo andare sulla Rocca. Da lì guardiamo alla città sottostante, fino al mare, posiamo lo sguardo sui luoghi del lavoro, del tempo libero, dell’aggregazione, della sofferenza, dell’educazione, della formazione. E pensiamo a chi quei luoghi li vive, alle singole persone; con i loro progetti, le loro sofferenze, con la loro storia, con il loro presente. Ma pensiamo anche che in tutti quei luoghi c’è chi (e sono tanti) con semplicità porta gioia e speranza.
Pensa che anche tu, uscendo dalla chiesa, o scendendo dalla Rocca, e ritornando in quel mondo che sembrava solo brutto, puoi portare gioia e speranza.

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